Sapeva che c'era una differenza tra i lieti fine e le conclusioni necessarie, ma lei insisteva ancora nel credere che nelle sue curve, lente e piene di illusioni, lei fosse in grado di cambiare la realtà e vedere la felicità nelle piccole circostanze spesso trascurate e inosservate. Puntò più sulla gentilezza che sull'amarezza, e aveva una fede incontrollabile che, anche se la sua strada fosse più torbida del sole, Dio le sussurrò all'orecchio: "Non arrenderti, ragazza!"
Non ha preteso di essere così. Né ci ha provato. Era nata poesia, ed era incantata dalla piccola galanteria, i testi della musica che parlano di mancanza, i versi di Caio Fernando Abreu in un vecchio libro e l'odore del caffè in un'affascinante libreria. Non riusciva a serbare rancore, si sforzava di staccarsi da chi la respingeva e disegnava sogni in un taccuino che le era stato regalato.
E ha finito per calcolare male. La sua mente così congestionata, le permise, anche se così freddo e sbagliato, di dimorare lì. Nel suo cuore generoso, non c'erano dubbi, né chiacchiere.
E così ha insistito nel vedere in quei versi che non avrebbe mai potuto leggere. Insistette per sentire poemi che non avrebbe mai voluto recitare.
Si aspettava che ballasse e non osò mai invitarla a ballare. Danzava da sola, ascoltando nell'orecchio le canzoni che aveva giurato di aver composto per lei, ma era tutto il risultato della sua immaginazione, il suo fascino per la vita, la sua anima che collezionava illusioni.
Un giorno si svegliò e si rese conto che forse la felicità doveva anche fare i conti finali. Che era tempo di tenere il suo amore dentro e dirigere il suo affetto a se stessa.
Cominciò a capire che non era facile rinunciare, perché, più che amarlo, amava la sensazione che l'amore le provocava.
Lentamente scoprì che poteva fare poesia per il vuoto e aspettare. E che da qualche parte, non lontano da lì, ci sarebbe stato un poeta come lei, capace di ricordarle ogni giorno che ci vuole forza e coraggio per insistere sulla dolcezza in un mondo pieno di amarezza.